FUORI DAL TUNNEL - Concorso di idee per progetti di
mitigazione degli aspetti visivi e ambientali dell’A32
nell’Alta Valle di Susa
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gli obiettivi principali di mitigazione e gli ambiti di
intervento
Il senso di
disagio che proviamo di fronte all’infrastruttura ci deriva
dal contrasto tra la sua forma ed il paesaggio nel quale si
colloca.
Nel contesto naturale il segno dell’infrastruttura è
leggibile come opposizione alle geometrie, ed alle
textures. Se passiamo dalla semplice percezione visuale
agli aspetti ambientali, la somma degli impatti sulle
componenti ambientali rende il rapporto tra
l’infrastruttura ed il contesto ancora più problematico.
Gli strumenti di controllo dell’iterazione tra
infrastruttura ed ambiente sono utilizzati come verifica a
posteriori. Si applicano sul progetto finito per fare
tornare gli impatti nelle sedi di valutazione e non come
parti del processo progettuale.
In altre parole il paesaggio, inteso come luogo di
iterazione infrastruttura-ambiente, si dimostra estraneo
alla formazione delle scelte di progetto e prosegue la sua
estraneità nell’opera realizzata i cui esiti sono
comunemente percepiti come negativi.
Le negatività raggiungono livelli di evidenza non solo
estetica quando si esplicitano in termini di rumore, di
inquinamento dell’aria e del suolo.
Poiché l’ambiente/paesaggio è estraneo al processo
progettuale così l’infrastruttura risulta estranea al
proprio contesto. Cosi nel senso comune l’infrastruttura è
associata alla negatività estetica ed ambientale ed il
giudizio corrente liquida ogni opera, dalla strada, al
ponte, al viadotto come bruttura.
Pertanto le infrastrutture appartengono alla categoria
del brutto,
tollerate solo per la loro irrinunciabile utilità.
Eppure questa associazione non è inevitabile, non
corrisponde alla percezione che storicamente si è avuta nei
confronti dell’infrastruttura intesa come opera
ingegneristica
(strada,
acquedotto, ponte, ecc) e neppure corrisponde alla realtà
dei fatti.
Gli acquedotti romani, i ponti medioevali, i rilevati ed i
ponti della ferrovia, le grandi opere ingegneristiche
del
passato sono state percepite come conquista, come elemento
di progresso, e di conseguenza sono state lette come
belle.
E’ solo nei confronti del contemporaneo che l’associazione
della negatività alla infrastruttura è dominante.
Eppure non mancano esempi che dimostrano il contrario,
esempi di infrastrutture dotate di grande suggestione e
qualità. Le opere ingegneristiche
del
dopoguerra, come i ponti di Musumeci, e quelle
contemporanee come i grandi ponti di Reggio Emilia, la
passerella di 100 metri sopra il Tamigi, il ponte di Van
Berkel ecc non sono eccezioni alla regola ma dimostrazione
della possibilità di rendere le infrastrutture non
semplicemente “mitigabili” ma elementi di grande valore
architettonico dotate di forte valenza paesaggistica.
La negatività dell’esito contemporaneo della progettazione
infrastrutturale deriva dalla indifferenza verso il
contesto. Nelle modalità di stesura progettuale
l’indifferenza si esplicita nell’uso della dislocazione
delle sezioni tipiche lungo il profilo e nella limitazione
del progetto alla zona di interferenza diretta.
Alla indifferenza si associa la tirchieria progettuale,
evidente nel mancato studio di tutte quelle parti che non
sono tipiche e ripetitive e di quelle zone che richiedono
la elaborazione di modelli di simulazione. I grandi muri di
sostegno sono progettati/verificati in sezione ma nessuno
si è occupato del progetto delle terminazioni e dei
raccordi con le altre strutture. I cambi di tipologia
strutturale sono studiati nei tratti tipici e non in quelli
comuni alle diverse parti e nelle zone di transizione.
L’assenza del contesto nel progetto si somma alla povertà
del progetto stesso dandoci la sensazione di estraneità e
di disagio.
Le ragioni della dissonanza tra paesaggio ed infrastruttura
sono strutturali ed insanabili con le semplici misure
di mitigazione
paesaggistica.
Se l’esito del progetto è quello di un oggetto imbarazzante
-ma non eliminabile- la preoccupazione della mitigazione
dalle viste principali, dalla città, dalle piste da sci e
dai sentieri, genera una necessità di occultamento
che
si esplicita nella stesura di una coperta
sopra
l’autostrada.
Se per mitigazione intendiamo l’occultamento alla vista
delle opere la soluzione possibile è quella di un rifascio,
di una copertura dell’opera, così come si fa per le cose
che non si vogliono più vedere.
La prova dei fatti rivela però che non basta una coperta
corta. Una sorta di maschera da mettere sul volto che si
considera deturpato; un lenzuolo che toglie dalla vista il
cadavere imbarazzante, una mutanda che copre le vergogne o
la polvere spazzata sotto il tappeto dalla cameriera
infedele.
Nessuno pensa che sia proponibile la semplice copertura e
l’occultamento dell’autostrada. I significati economici e
funzionali dell’infrastruttura sono da considerare come
dati non più modificabili.
La proposta progettuale che avanziamo riguarda la totalità
dell’area di intervento oggetto del concorso.
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le motivazioni ed i criteri delle scelte progettuali
Pensiamo che
non si possa agire sulla modificazione strutturale delle
opere, né sulla loro rifasciatura, ma nel mutamento di
senso che deriva dall’accostamento
e
dalla intrusione
di
nuovi oggetti.
Possiamo cambiare il significato senza cambiare le opere
già realizzate, accostandovi oggetti che possano proporre
una nuova comunicazione tra il realizzato ed il paesaggio.
Come nelle opere di Christo e Jeanne-Claude gli interventi
possono mutare la percezione ed il significato del contesto
nel quale si collocano – e per il quale sono nate- senza
alterarne la natura. Pensiamo ai “Gates” di Central Park,
alla “Running Fence”, o alle “umbrella”: questi grandi
artisti ci hanno insegnato a vedere in modo diverso la
realtà apponendovi segni che non ne modificano la natura ma
la percezione.
L’assenza della considerazione del contesto nella
formazione dell’opera e le dissonanze che leggiamo, ci
suggeriscono come soluzione progettuale di fare entrare il
paesaggio nel progetto. Gli elementi che leggiamo nella
osservazione dei versanti naturali, le geometrie degli
accumuli di neve sulle cenge, i gruppi di alberi che
troviamo anche nelle immediate vicinanze del sito
costituiscono la “geometria” di riferimento da utilizzare
per la stesura del progetto. I caratteri e gli elementi
della flora alpina, assieme alle sue modalità di
inserimento negli interstizi delle rocce e dei rilievi,
costituiscono una seconda strada per fare entrare il
paesaggio nel progetto.
Le modalità possono ripercorre al contrario il processo
progettuale della infrastruttura utilizzando la sezione
lungo il profilo da estendere alla connessione con il
paesaggio.
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le caratteristiche della proposta con riferimento ai
materiali ed alle soluzioni tecnologiche
Il processo
inverso di progettazione cerca di fare entrare il paesaggio
nell’infrastruttura, proponendolo all’interno della
metodica progettuale.
Abbiamo adoperato le sezioni trasversali per cercare di
trovare una nuova geometria, immaginaria, che cavalca e
copre le spigolosità del corpo autostradale. Dalle nuove
linee di sezione abbiamo estratto dei tratti che sono
diventati l’orditura portante di nuovi segni. Sono segni
lunghi, disposti a ripetere gli elementi del paesaggio
trasmutati all’interno del progetto.
Le sezioni coprono l’intera estensione dell’area di
progetto e danno il ritmo regolare sul quale poggiare gli
elementi portanti del lavoro. Lungo le sezioni sono infatti
disposte costole di acciaio che costituiscono l’ossatura
strutturale del progetto. Le costole reggono i tronchi
artificiali che vi sono agganciati e le reti antifari.
La planimetria della tav.2 indica l’estensione delle parti
interessate dalla diffusione dei tronchi e la posizione
degli alberi di ferro, anche loro derivati dalla lettura
del paesaggio.
Il prospetto territoriale contiene in maniera simbolica
tutti gli elementi che fanno parte del progetto e li
disloca nelle diverse parti che compongono il tratto di
autostrada.
Riconosciamo il ponte, disposto attraverso alla piccola
valletta, il primo muro, il tratto con un maggiore riporto,
il sottopasso, i grandi muri tra la successione di strade,
e il rilevato che delimita il grande piazzale con la
barriera e gli uffici.
La conformazione fisica degli elementi del progetto
contiene cavità e spazi di accumulo dove sono sistemati
strati sottili di terra e sassi. La loro collocazione
consente di avviare un primo stadio di colonizzazione
naturale del sito: negli strati sottili di terra potrà
gradualmente diffondersi la flora alpina e nelle cavità
protette dalle reti e dalle lamiere potranno essere
ospitati piccoli animali.
Il cambiamento del significato dell’autostrada si sostanzia
nell’aggiunta dei due elementi derivati dalla estrazione
geometrica dai caratteri del paesaggio.
Abbiamo pensato di trasmutare gli accostamenti dei tronchi
nelle macchie di alberi distribuite nei versanti costruendo
degli alberi di acciaio corten.
Gli alberi sono realizzati con una struttura in ferri tondi
contenuti da staffature di forma ellissoidale, della
dimensione in pianta di 1 metro per quaranta centimetri
circa. La parte bassa per i primi sei – otto metri è
rivestita con lamiera, sempre in corten, a formare un
pieno. La parte centrale ha dei rifasci in rete fitta,
ancorata alla staffatura ed ai tondi. La parte terminale
sfuma con i tondi nudi di diversa altezza.
Gli alberi hanno una altezza di trenta – quaranta metri.
Sono ancorati al suolo tramite tre micropali ciascuno.
La ripetizione dei segni orizzontali delle cenge e degli
accumuli di neve è fatta con una successione di tronchi
realizzati con una struttura in tondi e staffe, della
sezione di un metro per quaranta centimetri circa. Il
tronco è rifasciato con una rete fitta e, nella parte bassa
con lastre di lamiera. Così conformato il tronco può
accogliere piccoli accumuli di terriccio da fare
colonizzare dalla flora alpina.
I tronchi sono retti da costole in ferro, ancorate al suolo
e disposte ad un passo di circa sette metri. Le costole
riproducono parti delle sezioni immaginarie tracciate sul
tratto di intervento e costituiscono la materializzazione
del processo inverso di riprogettazione
dell’infrastruttura.
La dislocazione dei tronchi è sia a monte che a valle del
tracciato ed investe la totalità del tratto. La parte a
valle dell’autostrada finisce contro questa con elementi
diritti ai quali potrà essere ancorata una rete antifari,
trattenuta da barre lunghe e sottili di lamiera di corten,
disposte in modo sfalsato a riprodurre il segno dei
tronchi.
Anche il ponte è trattato nello stesso modo, disponendo i
tronchi in modo da formare un grande arco attraverso la
valletta.